Icone per sempre – Heath Ledger e la fragilità degli insicuri.
“Se continuo a ripetere me stesso
Heath Ledger
mi sembra di perdere tempo prezioso.”
Non posso (r)iniziare in modo migliore la mia rubrica delle icone per sempre.
Ieri, 22 gennaio, ricorreva la morte di quello che per me resta uno dei più grandi attori della sua generazione, Heath Ledger. Tredici anni da quel giorno.
NB – Cos’è icone per sempre?
#iconepersempre è una rubrica che tenevo già l’anno scorso sul mio profilo IG e che, per ragioni di limiti di spazio delle caption, non mi ha mai dato la soddisfazione che desideravo. Diventerà appuntamento fisso ogni due sabati. La mia intenzione è quella di inserire e far scoprire tutti quei personaggi, proveniente dai più svariati campi artistici, che sono a mio avviso delle icone per sempre.
HEATH LEDGER
Non voglio scrivere su Heath quello che potete benissimo leggere in qualsiasi pagina a lui dedicata. Voglio soffermarmi su quello che il suo personaggio ha significato per me.
Mi innamorati di lui durante la visione di 10 cose che odio di te, la rivisitazione anni ’90 (in stile postmoderno, per leggerne di più ci ho scritto un articolo) del grande classico shakespeariano La bisbetica domata. Quel film, tanto teen drama irriverente quanto spacco generazionale e ricco di significato, vedeva Heath nella parte del “bad boy” che, per amore, tirava fuori la parte più dolce di sé. Epica la scena dove canta Can’t take my eyes off you sulle gradinate, io la riguardo almeno una volta al mese.
Dopo una piccola ma significativa parte ne Il patriota (che lo consacrò come l’unico biondo di mio gradimento!) vidi Il destino di un cavaliere. Ricordo bene quel momento, nella sala audiovisivi col resto della classe durante il terzo liceo, a vedere questo film che ci era stato presentato come uno spaccato della vita di Geoffrey Chaucer. La solita cosa pallosa? Vi dico solo che anche qui abbiamo un chiaro esempio di postmodernismo. Nella colonna sonora spiccano i Queen e che, ancora oggi, è uno dei film che più mi fa sorridere. Heath, nella parte di un cavaliere sfigatello ma innamorato, mi stregò definitivamente.
Dopo ci furono quei dieci minuti in Monster’s Ball, la strepitosa parte nello strepitoso film che è Le quattro piume (vi prego, se non lo avete visto recuperatelo!). Qui Heath regala l’interpretazione notevole di un personaggio in bilico fra i propri desideri e quelli altrui. The four feathers è un piccolo capolavoro e, nonostante le scene dure di prigionia e guerra, è magistrale esempio di introspezione pura e fatta bene.
E poi ancora Ned Kelly, I fratelli Grimm, La setta dei dannati e Lords of Dogtown. Spreco due parole su quest’ultimo perché, storia vera di un gruppo di ragazzi americani che rivoluzionò il modo di skatare, è un film che credo meriti una visione. Heath fa una piccola parte ma, fidatevi, Skip rimane impresso, anche e soprattutto grazie alla sua capacità trasformista appena agli inizi.
Il 2005 però fu l’anno in cui scelsi di mettere Ledger nella classifica dei miei tre attori preferiti. Ricordo ancora il giorno in cui andai a vedere al cinema Brokeback Mountain. Fu il primo film che guardai da sola, nessuno della mia compagnia aveva intenzione di guardare due ore di “film sui cowboy”. In quella sala buia, avvolta da un religioso silenzio, mi innamorai. Di Jack ed Ennis, dell’attore straordinario che era Heath Ledger, di quei paesaggi incantevoli, di quella storia d’amore viscerale e immensa che quel film raccontava. Sul finale, davanti a quell’ultima sequenza, nel guardare Ennis del Mar con la camicia fra le mani io piansi. Sofferenza e bellezza, è questo l’effetto che il cinema (l’arte) ha su di me.
Il film successivo, Casanova, fu una piccola delusione ma dopo arrivò il film che risollevò ogni mia idea. Paradiso+Inferno (titolo originale Candy) è uno dei film che tratta con più intensità l’argomento della dipendenza da stupefacenti, della disintossicazione e dell’amore spesso impossibile e malato che nasce in quei contesti. Candy, con una delicatezza davvero rara, ci porta a conoscere due personaggi complessi, sfacciati, rovinati come se ne incontrano pochi. Purtroppo questo è un film ingiustamente sottovalutato e poco conosciuto. Guardatelo e preparatevi a soffrire (anche grazie a una cover di Song to siren da brividi). Io l’ho amato talmente tanto da tatuare una poesia di Cummings presente nella pellicola!
Here is the deepest secret nobody knows
EE Cumming link video
(here is the root of the root and the bud of the bud
and the sky of the sky of a tree called life; which grows
higher than the soul can hope or mind can hide)
and this is the wonder that’s keeping the stars apart.
I carry your heart (I carry it in my heart)
Si arriva poi a I’m not there, sublime e altrettanto artistico biopic dedicato a Bob Dylan in cui numerosi attori, tutti di spessore, si avvicendano nell’interpretare il cantautore. Il film è di altissimo livello, Todd Hayes non si smentisce, e vede nel cast tre dei miei attori preferiti. Heath Ledger, ovviamente, insieme a Christian Bale e Cate Blanchett. Segue una narrazione didascalica che si fa forte di simbolismi, immagini e… musica.
Quando vidi quel film non potevo ancora sapere che sarebbe stato l’ultimo visto con Ledger ancora in vita. Per non interrompe la scia ricordo anche Parnassus, un film che sinceramente non ho apprezzato molto, forse anche per la modalità scelta per completarlo. Heath lo aveva girato neppure a metà e, dopo anni di lavoro e partecipazioni extra di altri grandi attori, il film riuscì comunque a vedere la luce.
Il vero ultimo cortometraggio di Heath, per me così come per tanti altri fan, è The dark knight – Il cavaliere oscuro. Secondo film della trilogia di Batman by Nolan, forse dei tre quello meglio riuscito e sicuramente quello più famoso. Merito, purtroppo, anche della morte di Ledger.
L’interpretazione del Joker (che, nonostante Joaquin Phoenix, rimane la mia preferita) gli valse l’Oscar postumo come miglior attore non protagonista. Avrei moltissimo da dire in realtà a riguardo, perché per me Ledger meritava l’Oscar da molto prima, ma mi soffermo semplicemente a ricordare il momento del ritiro della statuetta da parte della famiglia e le espressioni commosse di tutti gli altri grandi attori presenti.
L’uomo che c’era dietro al grande artista?
Non credo sia possibile descriverlo. Era di sicuro una personalità fragile, con una immensa vena creativa ma anche un desolante senso di vuoto. A questo proposito ho appezzato moltissimo il docu film che gli è stato dedicato, datato 2017, I am Heath Ledger.
Questo documentario è purtroppo molto difficile da reperire in lingua italiana (ma i modi per vederlo ci sono, a buon intenditor…) e credo, fra i tanti biopic visti, sia uno dei meglio riusciti. Non è infatti un elogio postumo ma una raccolta di ciò che Heath era come persona e come artista. Una testa piena di idee in circolo, un’esplosione di creatività, un’anima difficile da fermare. E, come tutti i grandi artisti, un cuore dannato e un destino davvero crudele.
Perché Heath Ledger è un’icona per sempre?
Non mi è per niente semplice rispondere a questa domanda con obiettività. Se siete arrivati a legger fin qui avrete capito che, per me, Heath era un grandissimo interprete, un talento naturale, una forza della natura. Non sono accecata dalla bellezza o dal carisma che presentava in schermo.
Solo guardando il sopracitato documentario, però, ho capito perché mi sentissi così vicina e attratta da una personalità come quella di Ledger.
Cito le parole stesse dell’articolo di RS sotto linkato.
Intimidito dalla possibilità di recitare accanto a uno dei suoi idoli, Ledger ha avuto quella che il suo agente chiama «una crisi di autostima… Heath aveva questi momenti di terrore, ha rischiato di abbandonare praticamente tutti i film a cui ha partecipato».
Rolling Stone click qui
Questa insicurezza lo ha torturato per tutta la sua carriera.
Ecco perché l’ho sempre “sentito dentro”.
Heath era come me, come te, come noi, come voi. Heath era un insicuro, un fragile, un tormentato. Uno che non era mai certo delle sue capacità, uno che si metteva sempre in discussione. Un uomo splendido, sia dentro che fuori, divorato dalle paure. Riservato, timido, impacciato. Ansioso. Ed è proprio questo che l’ha portato alla fine. (NB: non si è suicidato.)
Il mio requiem per Heath Ledger si conclude qui. La fragilità degli insicuri credo sia proprio il titolo adatto per lui che, nonostante la portata del talento che si portava dentro, ha sempre vissuto con dolcezza, riservatezza ed eleganza una notorietà meritata, certo, ma anche complicata da gestire.
Voglio ricordarlo con una delle sue frasi che mi ha sempre più fatto tenerezza, lasciandomi dentro il consapevole dolce amaro che è la vita di tutti noi.
Tutti quelli che incontri ti chiedono sempre se hai un lavoro, se sei sposato o se possiedi una casa, come se la vita fosse una specie di lista della spesa. Ma nessuno ti chiede mai se sei felice.
Heath ledger
Ve lo chiedo io.
E voi, ora, siete felici?
PS: Scusate per la lunghezza di questo testo. Volevo evitare i sentimentalismi e l’essere prolissa ma mi rendo conto che parlando di argomenti che mi toccano nel profondo e che mi appassionano è letteralmente impossibile. Per me Heath era e resterà un’icona, un talento, una straordinaria personalità. Per sempre.
2 commenti
Maria Antonietta Capasso
Heath, un grande e folle amore anche per me… proprio per i tuoi stessi motivi! L’unica cosa che differisce è il Joker di Phoenix, che ho io preferito ma per motivi che esulano dal talento degli attori in questione. Ledger resta una personalità, un carisma e un talento da vera “icona per sempre”!
Sara Masvar
In realtà anche a me Joker di Joaquin è piaciuto una marea, ma ho visto un omaggio enorme a Heath in quell’interpretazione!